mercoledì 14 dicembre 2011
Svuotacarcere: 6 mesi prima a casa
A poche ore dalla visita del Papa Benedetto XVI a Rebibbia arriva il pacchetto carceri del ministro della Giustizia Paola Severino. Sono 3.3oo i detenuti che, con il piano "svuotacarceri", usciranno sei mesi prima e sconteranno quel che resta della pena ai domiciliari.
Il Guardasigilli sta mettendo a punto un testo a due velocità per alleggerire la pressione sui 206 istituti italiani stracolmi: "La situazione è esplosiva - hanno scritto al ministro i direttori delle carceri - e se deflagrasse le conseguenze sarebbero devastanti e capaci di minare la credibilità dello Stato". Nel pacchetto Severino il decreto legge punta alle pene alternative, amplificando gli effetti del decreto "svuota carceri" varato nel dicembre del 2010 dal ministro Angelino Alfano che in un anno ha consentito a circa 4.000 detenuti di scontare il residuo pena (massimo 12 mesi) ai domiciliari.
RISPARMIO DI 380MILA EURO AL GIORNO - Il governo Monti riprende quella formula stimando che ora saranno 3.300 i detenuti destinati con effetto immediato ad uscire dal carcere per passare alla "detenzione domiciliare": il risparmio teorico sarebbe di 380 mila euro al giorno. Il nuovo "svuota carceri" rimane un provvedimento a tempo che scade il 31 dicembre del 2013.
Se il decreto produrrà effetti immediati - verrà forse rafforzato anche l’obbligo, non sempre rispettato dalle forze dell’ordine, di trattenere gli arrestati in camera di sicurezza fino al processo per direttissima - bisognerà aspettare tempi più lunghi per valutare l’impatto del disegno di legge che modificherà il codice penale. In particolare, i tecnici di via Arenula si stanno concentrando sulla detenzione domiciliare intesa come pena principale (al pari della reclusione e dell’ammenda) che il giudice potrà infliggere. In altre parole, il condannato in via definitiva alla detenzione domiciliare non passerà un solo giorno in carcere. Viene tolto dal pacchetto il "braccialetto elettronico" per il controllo a distanza dei detenuti che non convince il ministro.
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