lunedì 5 dicembre 2011
Siamo tutti spiati
Roma - Lo scandalo Carrier IQ è esploso e ora è più che mai inarrestabile: la scoperta del rootkit installato su "150 milioni" di dispositivi mobile (smartphone e tablet) - come orgogliosamente dichiarato dalla società produttrice - sta scatenando un putiferio, e che la faccenda sia di quelle parecchio serie lo dimostra la gara tra le aziende mobile a chi si smarca prima dalla presunta opera di spionaggio onnicomprensivo messa a disposizione dal software.
È prima di tutto Carrier IQ stessa a provare a negare le accuse di violazione della privacy, delle leggi che limitano il tecnocontrollo e ogni genere di EULA e contratto con i consumatori che un sistema del genere porta con sé: "Sebbene alcuni individui abbiamo scoperto che il software Carrier IQ accede a una gran quantità di informazioni - spiega la società - il nostro software non registra, archivia o trasmette il contenuto dei messaggi SMS, delle email, fotografie, audio o video".
Il client di Carrier IQ serve a misurare meglio le prestazioni e a spiegare ad esempio quale "app" consuma più energia (e quindi batteria) delle altre, dice Carrier IQ, non certo a spiare il mondo intero di utenti smartphone-dipendenti.
Sarà tutta una questione di "misurazione di performance", ma a quanto pare proprio nessuno degli operatori mobile è disposto a farsi trascinare nel fango assieme al nome di Carrier IQ: Apple dice di aver usato il rootkit (ma solo in modalità diagnostica) in passato ma di aver interrotto il supporto a partire da iOS 5, Google rassicura di non avere alcun rapporto con Carrier IQ e che la natura "open source" di Android impedisce loro di avere il pieno controllo su quello che i carrier o i produttori OEM combinano con il sistema.
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